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"Igualdad, online la traduzione italiana"
- Scritto il 12 Giugno 2007

 


E' disponibile la traduzione italiana della "Ley Orgánica para la Igualdad Efectiva de Mujeres y Hombres", la legge sull'uguaglianza approvata dalla Camera dei deputati spagnola il 15 marzo scorso.

 

 

Lo scarso protagonismo politico delle donne come ostacolo per ottenere la parità democratica

 

 

Mª Dolores Martínez Cuevas

Dottora in Diritto Costituzionale

Professoressa presso  l’ Università di Granada

INDICE

 

  • I. A modo d’ introduzione
  • II. Approssimazione ad alcuni concetti preliminari in tema di uguaglianza e discriminazione
  • III. Considerazioni sul protagonismo politico delle donne in Francia e Portogallo
  • IV. Il ruolo dei partiti politici nel conseguimento di un maggiore protagonismo politico delle donne

I. A modo d’ introduzione

Negli ultimi anni si è registrato un grande interesse e una notevole presa di coscienza, in relazione al problema dello scarso intervento delle donne nell’adozione di decisioni politiche e nella assunzione di responsabilità al più elevato livello all’interno degli organi politici rappresentativi. Questa problematica si è resa evidente non solo fra i gruppi femministi, ma anche a livello di diritto internazionale, di diritto comunitario e di diritto straniero e si è tradotta nella adozione di un insieme di iniziative e misure, la cui principale finalità consiste nel tentativo d’instaurare la democrazia paritaria o parità politica(1).

La concezione della democrazia paritaria riposa su una realtà di fondo: il sesso femminile costituisce la metà della popolazione, e si ritiene dunque giusto e doveroso che ottenga una percentuale proporzionale di “potere”. Dal momento che nel contesto attuale il margine di partecipazione politica della donna è molto basso, si prevede che ognuno non disponga di “un peso inferiore al 40 per cento, né superiore al 60 per cento” nell’organo rappresentativo di cui si tratta(2).
In altri termini, la parità politica cerca di ottenere  che le donne superino il “tetto di cristallo” e partecipino in forma progressiva, comparabile a quella degli uomini in ambito pubblico, riducendo significativamente la distanza esistente tra il sesso maschile e femminile in questa materia(3).

nostra ricerca, il primo riconosce l’uguaglianza di tutti gli spagnoli davanti alla legge, senza che possa esistere un trattamento discriminatorio per ragione di sesso. Il secondo precetto ordina invece ai poteri pubblici di rimuovere gli ostacoli che impediscono di ottenere una uguaglianza autentica e effettiva.

Si devono poi delimitare con chiarezza i concetti di differenziazione e discriminazione. Entrambi si considerano trattamenti diseguali, però il primo è permesso dalla Costituzione, mentre il secondo è vietato dalla stessa. Si ammette un trattamento diseguale, o, il che è lo stesso, una differenziazione solo se esiste una motivazione “sufficiente, fondata e ragionevole"(5).Se il trattamento giuridico diseguale è realizzato sulla base di alcuno tra i motivi vietati dall’articolo 14 della Costituzione spagnola (come il sesso), l’uguaglianza si converte nel diritto fondamentale a non soffrire una discriminazione sessuale. Questo diritto fondamentale ha come principale finalità la parità dei sessi(6).

Il contenuto del diritto fondamentale a non soffrire discriminazione per ragioni sessuali sarebbe, secondo lo schema tracciato da F. Rey Martínez, il seguente:

a) È vietata la discriminazione diretta, cioè qualsiasi trattamento diseguale e dannoso dovuto a cause sessuali, ivi compresa la legislazione classica posta a difesa del sesso femminile (a eccezione di gravidanza e maternità).

b) È vietata la discriminazione indiretta, vale a dire qualsiasi misura che possieda carattere neutro in relazione al sesso, ma che di fatto comporti un trattamento sfavorevole delle donne.

Allo scopo di arginare la disuguaglianza in cui si trova ancora la donna in moltissimi ambiti della vita e per incentivare l’uguaglianza di opportunità, i poteri pubblici devono adempiere al compito di promuovere il sesso femminile.  Ciò va sotto il nome di azioni positive, o misure di azione positiva(7).

L’azione positiva è uno dei trattamenti diseguali che permettono di realizzare l’uguaglianza materiale di cui in precedenza, in quanto detta azione va a vantaggio di concreti settori della società con alcuni trattamenti concreti, visibili e costanti, che lo collocano in una situazione sfavorevole in relazione alla maggioranza della società. Malgrado, “la discriminazione inversa come azione positiva”  implica che, in un contesto concreto, si produca una discriminazione a favore d’un gruppo, optando per i componenti d’una collettività (quella femminile) a scapito di altri, ovvero riservando ai componenti di questa collettività specifica una quota concreta, provocando direttamente un pregiudizio nei confronti dei terzi(8).

Diversa è l’interpretazione che ci presenta Mª. L. Balaguer, che, senza entrare nella valutazione dell’azione, né della discriminazione positiva, afferma che la distinzione tra le stesse non può fondarsi sul fatto che l’azione, diversamente dalla discriminazione positiva, non pregiudica diritti dell’uomo, giacché la prima  interviene a favore della collettività femminile, con pregiudizio di altre misure, eliminando opzioni a questi e aggiungendole alle seconde(9).

Riguardo alle quote come misure di discriminazione inversa (riserva di posti al sesso femminile negli organi di direzione e nelle liste elettorali), con lo scopo di ottenere che le donne siano più rappresentate e, in particolare, sulle quote elettorali si è registrato un ricco e polemico dibattito riguardo alla loro compatibilità con la Costituzione. Vi sono, pertanto, autori che difendono energicamente le quote, e altri che le attaccano appassionatamente.

Fra chi le difende si distingue E. Martínez Sampere, che giustifica la legittimità delle quote a beneficio del sesso femminile, poiché sono funzionali all’eliminazione della “discriminazione positiva” di cui gli uomini hanno da sempre approfittato. In questo senso, osserva efficacemente che gli uomini “hanno formato una vera ‘casta’, che hanno conservato per sé ‘quote’ quasi del cento per cento"(10).In questo modo, F. Rey Martínez difende la legittimità costituzionale della previsione delle quote, sebbene sia necessario procedere con cautela, non semplicemente imponendole, giacché esse devono essere previste esclusivamente come rimedio sussidiario, per specifici casi di discriminazione, come quella in base al sesso, e sono misure di natura temporanea. Di contrario avviso L. Favoreu, secondo il quale le quote contrastano con il principio di “indivisibilità del corpo elettorale"(11).Affermazione cui risponde P. Biglino, secondo la quale né le quote, una delle vie possibili che conducono alla democrazia paritaria, né questa ultima implicano una rottura nel sistema dei diritti di elettorato(12).

Prescindendo dalla inevitabile politicizzazione delle quote riservate al sesso femminile, esse troverebbero la propria base d’appoggio in due ordini di motivi, secondo A. Ruiz Miguel. Se ci atteniamo alla loro finalità, esse perseguono l’obiettivo di “una società più egualitaria“ e, da una prospettiva strumentale, cercano di ottenere che sia più facile raggiungere posizioni lavorative socialmente rilevanti come mezzo per superare i tradizionali ostacoli insormontabili, che impediscono alle donne di assumere un ruolo centrale nella maggior parte delle posizioni di potere. L’Autore richiamato propone poi di meditare sulla compatibilità di tali quote con la Costituzione spagnola e, in particolare, prospetta la possibilità di modificare la Legge Organica sul Regime Elettorale Generale  (L.O.R.E.G.) perché stabilisca il dovere di qualsiasi lista di candidati di riservare un determinato numero di posti in lista a donne che aspirano ad essere elette democraticamente(13).

Con il riferimento a queste nozioni (democrazia paritaria o parità politica) non si allude soltanto alla convenienza d’instaurare quote, ma si cerca piuttosto di articolare temporalmente alcune modalità di intervento, nel perseguimento di alcuni fini di giustizia, e di una società che si avvicini in forma maggiore alla uguaglianza dalla prospettiva politica, laddove il sesso non condizioni in nessuno modo la distribuzione dei ruoli. Quindi, la democrazia paritaria non deve essere soltanto quantitativa, avvicinando le percentuali di rappresentanza dell’uno e dell’altro sesso, ma soprattutto si tratta di concepire la democrazia paritaria in termini qualitativi, come una componente essenziale della democrazia contemporanea e, insomma, dei diritti fondamentali del sesso femminile(14).

La parità non consiste nell’annullamento della distinzione sessuale che caratterizza il genere umano, dal momento che c’é un sesso maschile e un sesso femminile: piuttosto la parità, secondo E. Martínez Sampere, nel mettere fine in forma tangibile alla secolare gerarchizzazione uomo-donna, “è un nuovo progetto della intelligenza umana che inventa possibilità ed espande la realtà al di là dell’esistente, integrandola in questo progetto umano elaborato dalle donne per convivere in forme differenti.”(15)

Graficamente, non si tratta di dare alcuni piccoli ritocchi di trucco alla democrazia (mediante le quote o le percentuali in favore delle donne) per dissimulare le sue carenze e far sì che appaia ugualitaria.  Su più ampia scala, si tratterebbe di realizzare una vera operazione di chirurgia politica con il fine di trasformarla in una vera democrazia paritaria, dove il protagonismo politico attivo della donna sia reale e equilibrato con il protagonismo maschile

III. Qualche considerazione sul protagonismo politico delle donne in Francia e Portogallo

Una volta delimitati, pur se sommariamente, questi ed altri concetti dovremmo affrontare, senza l’intenzione di scendere troppo nei dettagli, la situazione generale nel diritto comparato, insistendo fondamentalmente su Francia e Portogallo.

In Francia, nel corso di due soli decenni, la preoccupazione per lo scarso margine di manovra della donna nell’ambito delle decisioni politiche è notevolmente mutata. Paragonando le iniziali aspirazioni degli anni settanta con quelle degli anni novanta, L. Favoreu osserva una notevole differenza, poiché si  è passati dal rivendicare “quote” a rivendicare “parità”. Più concretamente, oggi non si perseguono le prime nel momento iniziale della selezione, bensì nel momento finale, per verificare chi siano i candidati e le candidate realmente eletti. In questo senso, “la percentuale è non già del 25 per 100, ma del 50 per 100; non si esige la garanzia d’un minimum di rappresentazione per donne ed uomini, ma soltanto per le donne; non si tratta d’una misura provvisoria di ‘correzione’, ma d’una misura definitiva." (16)

Malgrado l’uso generale del termine parità, per alludere alle conquiste ottenute dopo la riforma costituzionale francese dell’8 luglio del 1999, un autore come D. Rousseau osserva che il mondo della politica, del diritto e della stampa ha compreso che la riforma costituzionale ha incorporato il criterio “della parità”  uomo-donna nella vita politica. Ciò benché, ad un’analisi dettagliata, il termine “parità” non compaia nei nuovi precetti giuridici, per cui “l’unico riferimento costituzionale continua ad essere al principio d’uguaglianza." (17)

Al fine di ottenere la democrazia paritaria, il costituente francese ha dovuto procedere alla riforma, con la legge costituzionale 99-569, dell’8 luglio, degli articoli 3 e 4 della Costituzione del 4 ottobre 1958.  A seguito della riforma, all’articolo 3 della stessa Costituzione è stato aggiunto il seguente paragrafo: “La legge  favorisce l’uguale accesso delle donne e degli uomini alle cariche elettive e alle funzioni pubbliche elettive.” D’altra parte, all’articolo 4 della stessa Costituzione si é aggiunto questo paragrafo: “Essi [i partiti e i gruppi politici] concorrono all’attuazione del principio affermato all’ultimo comma dell’art. 3 secondo le condizioni stabilite dalla legge." (18)

Per adeguarsi ai nuovi precetti costituzionali, il legislatore francese ha dovuto  modificare la legislazione elettorale e quella in materia di finanziamento dei partiti per favorire un uguale accesso di donne e uomini alle cariche e alle funzioni pubbliche elettive (19). In tal modo, spinge fino alle sue estreme conseguenze pratiche la volontà espressa nella parte dogmatica della Costituzione, che impedisce la discriminazione per ragione di sesso (20).

Più concretamente, l’equiparazione tra uomo e donna verrà raggiunta in sede elettorale, e pertanto nella vita politica, mediante liste elettorali che diano  spazio allo stesso numero di candidati dell’uno e dell’altro sesso. Se l’attuazione di questo principio non verrà garantita, l’intervento pubblico nel finanziamento dei partiti politici francesi si ridurrà in maniera proporzionale alla diminuzione del numero di donne candidate nelle liste elettorali.

Anche se sanzionare pecuniariamente i partiti riducendo i contributi pubblici può risultare odioso dal punto di vista morale, D. Rousseau finisce per difendere tale scelta, perché in un ambiente “sempre caratterizzato dal predominio maschile, la lotta delle donne per il riconoscimento della diversità universale e la sua traduzione politica nel principio di parità forse richiede, se  mi è concesso dirlo, di pagare questo prezzo." (21)

Di qui, la domanda: sarebbe legittimo, come è successo in Francia, che si prevedano anche in Spagna tagli alla contribuzione pubblica se i partiti non includono nelle loro liste elettorali lo stesso numero di candidati uomini e di candidate donne? Riguardo a ciò, è molto significativo che in Spagna non  si riscontrasse alcuna preoccupazione dottrinale per questo tema fino alla metà degli anni novanta(22) : ciò si è riflettuto nell’inerzia del legislatore in merito alla regolamentazione di questo problema.

L’adozione, in Spagna, di criteri simili a quelli seguiti in Francia costituirebbe, secondo Maria Holgado, un’operazione che potrebbe essere legittimata dalla Costituzione, al fine di conseguire l’autentica uguaglianza tra persone di sesso differente sul terreno della “rappresentanza politica”. Più concretamente, afferma che sarebbe irrefutabile, nella prospettiva del “principio d’uguaglianza e non discriminazione per ragione di sesso”.  In questo modo, non si violerebbe il diritto ad essere eletto (suffragio passivo), dal momento che l’obiettivo perseguito è quello di un trattamento realmente eguale tra i rappresentanti politici, garantendo la realizzazione del “principio d’uguaglianza”, imprescindibile per ottenere autentica democraticità dell’organizzazione dei partiti politici e delle dinamiche interne agli stessi(23).

In Portogallo, il notevole protagonismo acquisito dalle donne nella società dopo l’approvazione della vigente Costituzione del 1976, non si è esteso al campo della partecipazione politica, giacché il livello d’intervento del sesso femminile continua ad essere più basso rispetto a quello del sesso maschile. Per cercare di porre rimedio a questo problema, è stato modificato l’articolo 109 della Costituzione portoghese. Prima della riforma si menzionava “la partecipazione diretta e attiva dei cittadini nella vita politica”, mentre dopo la riforma del 1997 la Costituzione si riferisce alla partecipazione di “concreti uomini e donne": così, “l’allusione diretta alla condizione femminile investiva [...] l’ambito stesso della cittadinanza” (24).

Il nuovo contenuto del menzionato precetto costituzionale comporta complesse questioni interpretative, sebbene vi sia accordo su un tema: la Costituzione della Repubblica portoghese auspica che donne e uomini siano realmente “uguali”. Da essa derivano due criteri: il primo consiste nel fatto che l’uguaglianza deve estendersi al campo della partecipazione politica, mentre il secondo consiste nel fatto di considerare costituzionalmente legittime “le misure di discriminazione positiva”, imprescindibili per realizzare la volontà di uguaglianza della Costituzione. Il legislatore ordinario in Portogallo potrà decidere in piena autonomia in merito al “contenuto essenziale, al modo e al tempo di adozione di queste azioni positive”, perché l’articolo 109 della Costituzione non può obbligare il legislatore a realizzare una condotta concreta. In realtà, la riforma costituzionale si presenta soltanto come un permesso al  legislatore di prevedere concrete operazioni di discriminazione positiva, che, tuttavia, ancora devono essere specificate (25).

IV. Il ruolo dei partiti politici nel conseguimento d’un maggiore protagonismo politico delle donne

A questo punto, quale posizione devono assumere i partiti politici?(26)

Sono  obbligati a favorire la democrazia paritaria, o sono liberi nelle loro condotte e nel modo d’organizzarsi internamente?

In Spagna, né la Costituzione, né le leggi disciplinano espressamente la democrazia paritaria. Allora è necessario domandarsi  se il salto verso la parità politica  deve essere opera dei partiti (volontariamente, mediante le quote di candidate donne nelle liste, le percentuali, ecc.), del legislatore costituente e ordinario, o di entrambi (partiti e legislatore).

I partiti politici sono mossi da ragioni di giustizia (evitare la discriminazione storicamente subita dalle donne nel mondo della politica), sotto la spinta di pressioni che vengono dai propri militanti, simpatizzanti, e forse anche dall’opinione pubblica nella quale, in maggiore o minore misura, hanno fatto breccia, fra l’altro, le rivendicazioni del movimento femminista in Spagna. Allo stesso tempo, si ravvisa una motivazione ulteriore per incentivare il protagonismo femminile nei partiti politici, vale a dire la circostanza che l’assenza delle donne nei partiti risulta meno attraente per l’elettorato femminile, per cui vi sono partiti che hanno optato per un rafforzamento del ruolo delle donne all’interno dei medesimi. Si tratterebbe di una specie di misura elettoralista, una arguzia per cercare di intercettare il voto femminile, che avvertirebbe una maggiore identificazione con candidate e/o dirigenti politiche del loro stesso sesso.

Inoltre, dato che i partiti esercitano funzioni costituzionali rilevanti per il sistema democratico, l’uguaglianza deve essere uno dei motori che guida la sua attività. Vale a dire, che il trattamento dei partiti nei confronti dei propri militanti non deve essere discriminatorio, quindi in relazione ad “atti o pretese uguali degli iscritti devono applicarsi uguali conseguenze”. Si é arrivati persino ad affermare che i partiti possano adempiere al mandato costituzionale dell’art. 9.2 rimuovendo gli ostacoli che impediscono che l’uguaglianza formale dei propri iscritti sia materiale e autentica e, di conseguenza, adottare misure a favore di un incremento dell’intervento delle donne nei partiti (27).

Secondo me, dato che i partiti politici spagnoli non sono poteri pubblici, sebbene esercitino funzioni pubbliche, non sono obbligati dall’ articolo 9.2 CE, bensì dall’articolo 6 CE che impone ai partiti, come già abbiamo visto, democraticità di funzionamento e struttura interna.

Avendo presente che l’articolo 14 della Costituzione spagnola vieta la discriminazione per ragione di sesso, l’uguaglianza tra i sessi dovrebbe rappresentare la bandiera inalberata da tutti i partiti. Al riguardo, F. Flores si interroga su “possibilità e portata delle misure di discriminazione positiva” che i partiti politici realizzano al loro interno, e principalmente “la ‘riserva’ d’un minimo di posti per le donne negli organi di direzione del partito e nelle cariche pubbliche.”  La problematica consisterebbe nel determinare se sia “ragionevole giuridicamente, o possa essere imposta nella stessa forma, un’azione o previsione di incentivo, pur se temporaneo, da parte dei partiti, a beneficio delle donne; vale a dire, l’imposizione statutaria d’una quota femminile. La risposta deve essere affermativa alla prima domanda, e negativa alla seconda" (28).

In conformità con la giurisprudenza costituzionale spagnola (29), che si riferisce, nella maggioranza dei casi, a situazioni svantaggiose in materia di condizioni di lavoro, si può affermare che il trattamento diseguale realizzato da una regolamentazione di partito che disponga con riferimento a persone di differente sesso, si legittima esclusivamente “se è ragionevole”, vale a dire, non può essere arbitraria, deve essere giustificata in termini oggettivi, proporzionati e ragionevoli, e le misure singolari a favore delle prime devono dirigersi a compensare una diseguale situazione di partenza(30)

Queste misure di discriminazione positiva (trattamento diseguale nei confronti degli iscritti da parte di un partito, al fine di correggere la tradizionale posizione di svantaggio della donna rispetto all’uomo) possono adottarsi dal legislatore costituente e ordinario o dagli statuti degli partiti, sebbene i primi saranno obbligati, in maggiore misura, a regolarli.

(1) TRUJILLO, Mª. A., “La paridad política”, in, ALVAREZ CONDE, E. et al., Mujer y Constitución en España. Madrid, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, 2000, pp. 355-356. Questa autrice utilizza indistintamente ambedue le espressioni.

(2) BIGLINO CAMPOS, P. “Las mujeres en los partidos políticos: representación, igualdad y cuotas internas”, in ALVAREZ CONDE, E. et al., Mujer y Constitución en España, op. cit.,. pp. 412-413.

(3) TRUJILLO, Mª. A., “La paridad política”, op. cit., p. 355.

(4) REY MARTÍNEZ, F., El derecho fundamental a no ser discriminado por razón de sexo,  Madrid, McGraw-Hill, 1995, pp. 41-43.

(5) TRUJILLO, Mª. A., “La paridad política”, op. cit., pp. 357-358.

(6) REY MARTÍNEZ, F., El derecho fundamental a no ser discriminado por razón de sexo, op. cit., p. 109.

(7) REY MARTÍNEZ, F., El derecho fundamental a no ser discriminado por razón de sexo, op. cit. Questo autore utilizza il termine azione positiva, mentre alcune autrici alludono alle misure d’azione positiva, come ad esempio MARTÍN VIDA, Mª A., Fundamento y límites constitucionales de las medidas de acción positiva, Madrid, Civitas, 2003.

(8) TRUJILLO, Mª. A.,  “La paridad política”, op. cit., pp. 358-360.

(9) BALAGUER CALLEJÓN, Mª. L., “Desigualdad compensatoria en el acceso a cargos representativos en el ordenamiento jurídico constitucional español. Situaciones comparadas”, in ALVAREZ CONDE, E. et alii, op. cit. p. 388.

(10) MARTÍNEZ SAMPERE, E., “La legitimidad de la democracia paritaria”, REP n. 107, 2000, p. 141.

(11) FAVOREU, L., “Principio de igualdad y representación política de las mujeres. Cuotas, paridad y Constitución”, REDC, n. 50, maggio-agosto 1997, p. 24.

(12) BIGLINO CAMPOS, P., “Las mujeres en los partidos políticos: representación, igualdad y cuotas internas”, op. cit., p. 413.

(13) RUIZ MIGUEL, A., “Paridad electoral y cuotas femeninas”, in Claves de Razón Práctica, n. 94, luglio/agosto 1999, p. 48.

(14) TRUJILLO, Mª. A., “La paridad política”, op. cit., p. 355.

(15) MARTÍNEZ SAMPERE, E., “La legitimidad de la democracia paritaria”, op. cit., p. 149.

(16) FAVOREU, L., “Principio de igualdad y representación política de las mujeres. Cuotas, paridad y Constitución”, op. cit., pp. 14-18.

(17) ROUSSEAU, D., “Los derechos de la mujer y la Constitución francesa” in ALVAREZ CONDE, E. et al., op. cit., p. 110. Comunque, l’autore finisce per cedere rispetto alla sua posizione iniziale ed usa il vocabolo parità nel corso della sua ricerca.

(18) Artt. 1 e 2, Loi constitutionnelle 99-569 du 8 juillet 1999 relative à l’égalité entre les femmes et les hommes (Journal Officiel de la République Française del 9 luglio 1999).

(19) Loi 2000-493 du 6 juin 2000, tendant à favoriser l’ègal accès des femmes et des hommes aux mandats électoraux et fonctions électives (Journal Officiel de la République Française del 7 giugno 2000). La legge modifica parzialmente il Codice elettorale e la Legge 88-227 dell’11 marzo 1988, relativa alla trasparenza finanziaria della vita política. Alcuni articoli della Legge 2000-493 (artt. 1, 4, 9, 10.1, 18, 19 y 20) sono stati dichiarati non conformi alla Costituzione dal Consiglio costituzionale, decisione n. 2000-429 DC del 30 maggio 2000, pubblicata nel Giornale ufficiale dello stesso giorno.

(20) Come noto, la parte dogmatica della Costituzione francese del 1958 è costituita dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 e dal Preambolo della Costituzione francese del 27 ottobre 1946. Il divieto di discriminazione per motivi sessuali s’osserva più chiaramente nel Preambolo della Costituzione di 1946, quando proclama: “La Legge garantiza alla donna, in tutti gli ambiti, diritti uguali a quelli dell’uomo.”

(21) ROUSSEAU, D., “Los derechos de la mujer y la Constitución francesa.” op. cit., p. 111.

(22) Questa assenza di preoccupazione per il tema della parità elettorale in relazione con il finanziamento dei partiti s’osserva, tra le altre opere, in AA.VV., La financiación de los partidos políticos. Dibattito svoltosi presso il Centro de Estudios Constitucionales, il 23 novembre 1993, Madrid, Centro de Estudios Constitucionales, Cuadernos y Debates, n. 47, 1993.

(23) HOLGADO GONZÁLEZ, Mª., “Financiación de partidos y democracia paritaria” in Revista de Estudios Políticos, n. 115 (n.e.), gennaio-marzo 2002, pp. 152-153.

(24) Nel paese nostro vicino, il Portogallo, agli inizi degli anni settanta, “soltanto una quarta parte delle donne integrava l’universo della popolazione attiva, formata soprattutto da giovani minori di 25 anni, nubili e senza impegni familiari, che si impiegavano soprattutto in settori con scarsa qualificazione professionale. Nel 1997, la tassa di lavoro femminile è salita al 43% della popolazione attiva, contro il 56, 6% d’attività maschile, ma il 50%  delle portoghesi che lavorano adesso sono sposate e (o) hanno impegni familiari; e sebbene la percentuale delle donne prive di alcun grado d’istruzione continua ad essere ancora più elevata di quella degli uomini [...] l’evoluzione recente dimostra un impressonante tasso di femminilizzazione a tutti i livelli d’insegnamento: nel 1997, il 48,4% degli studenti dell’insegnamento fondamentale, il 52,2% dell’insegnamento secondaria e il 56,4% del’insegnamento superiore erano di sesso femminile”, così AMARAL, Mª. L., “Las mujeres en el Derecho Constitucional: el caso portugués”, in ALVAREZ CONDE, E. et al., Mujer y Constitución en España, op. cit., pp. 171-172.

(25) AMARAL, Mª. L., op. cit., pp. 172-173.

(26) Per approfondimenti, v. MARTÍNEZ CUEVAS, Mª D., Régimen jurídico de los partidos políticos,Madrid, Marcial Pons, 2006.

(27) FLORES GIMÉNEZ, F., op. cit., p. 201.

(28) FLORES GIMÉNEZ, F., op. cit., pp. 202-203.

(29) Tra le più significative sentenze del Tribunale Costituzionale in materia di “azioni positive” risaltano le seguenti: 128/1987; 269/1994, 114/1983; 98/85; 128/1987; 166/1988; 19/1989; 145/1991, y 103/93. Cfr. TRUJILLO, Mª. A., “La paridad política”, op. cit., p. 359.
La giurisprudenza costituzionale in materia d’uguaglianza è stata sistematizzata da Mª. L. Balaguer, che afferma che in questo campo il Tribunale Costituzionale “ha seguito una linea evolutiva abbastanza irregolare.” Distingue tre fasi: la prima comincia con la sentenza 81/1982, dove si stabilisce “un concetto meramente formale dell’uguaglianza, che viene sviluppato e messo in questione nei voti particolari alla sentenza 103/83, e che muove da un giudizio piano di razionalità senza intervento d’elementi teleologici rispetto all’uguaglianza reale.” La seconda, dove “il trionfo dei voti particolari della sentenza 103/83, introduce a partire della sentenza 128/87, il ragionamento teleologico, secondo il quale l’uguaglianza che la Costituzione pretende è un fine, e comporta l’arrivo all’guaglianza, partendo dalla disuguaglianza.” Il Tribunale Costituzionale afferma “a partire da allora, che l’uguaglianza non è già l’identità, bensì la giustificazione della diferenza, perchè soltanto trattando in maniera differente ciò che è differente si può arrivare alla uguaglianza reale”.

Una terza tappa si apre con la sentenza 315/94, che “modifica i criteri della sentenza 81/82”. La prima sentenza distingua “tra la irreversibilità delle conquiste sociali, e il mantenimento di privilegii ingiustificati. Può considerarsi un momento di rottura rispetto ai primi anni di giurisprudenza del Tribunale in materia d’uguaglianza, sebbene riguardi più specificamente la materia del lavoro, piuttosto che quella del genere”

BALAGUER CALLEJÓN, Mª. L., “Desigualdad compensatoria en el acceso a cargos representativos en el ordenamiento jurídico constitucional español. Situaciones comparadas”, in ALVAREZ CONDE, E. et al.op. cit. pp. 389-391.

(30)FLORES JIMÉNEZ, F., op. cit., p. 203.
associazione di donne Aspettare Stanca - donne e politica- elezioni politiche 2006

 

 

 

 

 

 

 

 
 
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